L’impatto

Ti trovo un po’ più vecchia rispetto all’ultima volta che sono venuto a trovarti. Ti lamenti un po’ di più, hai qualche acciacco nuovo, sei leggermente più disordinata, un poco più smarrita, un po’ meno precisa nell’esprimerti, un po’ più confusa, un poco più scontenta, leggermente impacciata nei movimenti e ripeti le cose già dette e ridette. L’ordine dell’appartamento fa da sfondo a un lieve disordine interiore. Il disordine del futuro che verrà non s’armonizza all’ordine immoto dell’appartamento. Il disordine ha portato con sé le tracce della morte e della solitudine che ora ti accompagna.

Mi ripeti che hai fatto solo tre anni di scuola e che l’inverno dovevi andare a raccogliere, a turno, la legna per scaldare la scuola del paese. Se parlavate troppo, la maestra vi faceva sedere vicino alla lavagna e vi lasciava lì, con del sale sotto le ginocchia, a volte anche un’ora intera, oppure  dovevate mettere le mani sul banco e lei ve le bacchettava.

Oggi si vede splendere un bel sole, il primo che accenna alla primavere che verrà. Ma la tua pelle e le rughe rimandano all’autunno. Poi ti accompagno dal medico per farti guardare le vene alle gambe martoriate e doloranti, e i dolori non ti lasciano in pace nonostante tutte le pastiglie che mandi giù. 

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